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martedì 19 maggio 2020

Mi verrebbe da scrivere "Via col Vento" ma sarebbe da affiancare a "Cogli l'attimo": all'uopo.

Il carro della vita avanza.
Ci sono due punti di vista differenti, due modalità, due punti diversi nel quale puoi trovarti:
- davanti, a tirare il carro come fanno i buoi;
- sopra il carro, perchè a tirarlo è qualcun altro/qualcos'altro
In quarantena stavo sicuramente davanti a trascinare un carro in difficoltà, bloccato nelle insidie della sabbia o del fango;
adesso sto seduta sopra, nella culla del non movimento lo lascio trainare agli eventi ed agli elementi di cui consta la mia esistenza attuale.
La mancanza d'inerzia mi ha concesso nella prima fase di raggiungere non pochi obiettivi quotidiani e perduranti e adesso, che invece guardo inerme il mondo, è affascinante notare come sia il mondo a trainarmi... mi ricorda che il tempo non si ferma, e così anche noi non possiamo fermarci.
Il nostro cuore non si è mai fermato, noi stessi nel silenzio pensiamo ed elaboriamo un movimento nascosto, non ci fermiamo mai, neanche la notte elaborando sogni e vivendo altre vite.
Vorrei esplicitare la natura di questo pensiero, 
ma alla fine è bello così, perchè accomuna tutti.
La vita è movimento, sia tu a muovere le fila o a farti trainare perchè sei vivo: ti muovi.
Tutto cambia e tutto passa, tutto si rigenera e nulla rimane immutato, tutto è in continuo movimento.
Il famoso Panta rei, no?
Ma nello specifico vuol significare che non staremo mai immobili, neanche quando riterremo di non aver dato movimento a nulla.
Il senso dell'essere, dell'esistere, del vivere: muoversi/muovere e creare.

lunedì 4 maggio 2020

A Silvia (1ª parte)

Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?


Sonavan le quiete
Stanze, e le vie dintorno,
Al tuo perpetuo canto,
Allor che all'opre femminili intenta
Sedevi, assai contenta
Di quel vago avvenir che in mente avevi.

Era il maggio odoroso: e tu solevi
Così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
Talor lasciando e le sudate carte,
Ove il tempo mio primo
E di me si spendea la miglior parte,
D'in su i veroni del paterno ostello
Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
Ed alla man veloce
Che percorrea la faticosa tela.

Mirava il ciel sereno,
Le vie dorate e gli orti,
E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.

Lingua mortal non dice
Quel ch'io sentiva in seno.

Che pensieri soavi,
Che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
La vita umana e il fato!

[...]